Fabio Stassi – La Rivincita di Capablanca
Solo fortuitamente il protagonista di questo racconto si chiama José Capablanca.
Tutto nacque qualche anno fa, quando uno scrittore che amavo molto, pochi giorni prima di morire in un incidente stradale, mi mandò un piccolo biglietto in cui lo nominava.
Venni a sapere in seguito che l’ultimo progetto che aveva in animo di scrivere, essendo anche un appassionato giocatore di scacchi, era una sorta di biografia romanzata di Capablanca.
Da allora non ho smesso di pensarci. Per molto tempo, il nome di Capablanca me lo sono portato dietro come un destino, ma quando mi decisi a buttarci sopra qualche pagina non indicava più, o almeno non soltanto, una persona vera, nata a Cuba nel 1888, e divenuta poi campione del mondo in un memorabile incontro con Lasker all’Avana, nel 1921. Si era convertito in un suono che conteneva una storia, che non sarei mai riuscito a raccontare con un nome fittizio (dalla prefazione dell’autore).
Fedele alla teoria di Capablanca che il miglior modo per incominciare (a giocare a scacchi) è partire dal finale, Stassi inizia dalla fine della storia, la morte di Aleksander Alekhine in un albergo del Portogallo – in circostanze mai del tutto chiarite, secondo alcuni -, per comporre un romanzo che si apre come un giallo e si snoda non a caso attraverso 64 brevi capitoli.
Con una narrazione che intesse presente e passato, fatto storico, verosimiglianza e invenzione, l’autore ricostruisce la vita del campione José Raúl Capablanca, segnata da una precocissima passione per gli scacchi unita a un talento fuori del comune. L’intreccio ruota principalmente attorno alla rivalità con Alekhine, esplosa a Buenos Aires nel 1927 a seguito della perdita del titolo mondiale, e mai sopita a causa della negata rivincita.
Raffinato, poliglotta, amante della musica, della letteratura e delle donne, Capablanca diventa in questo romanzo un personaggio tormentato dalla bruciante sconfitta e dalla ossessiva ricerca di una seconda possibilità, che nella vita reale non è mai arrivata. Ma Stassi – e qui sta tutta l’originalità dell’opera – chiude il cerchio immaginando invece che una rivincita (molto particolare) ci sia stata.
Un romanzo breve ben congeniato, appassionante, elegante e intenso. “Perché gli scacchi non sono semplicemente un gioco. Sono guerra, teatro e morte. Cioè, tutt’intera, la vita” (Gesualdo Bufalino).