Renato Didoni non è più con noi
Ho la triste incombenza di informarvi che Renato Didoni non è più con noi.
Si è spento questa notte nell’ospedale Policlinico dopo breve ma intensa sofferenza. Viene a mancare all’affetto dei suoi cari e di noi tutti una persona notevole per disponibilità, affabilità e bontà d’animo. Tutti noi ricorderemo l’amico Renato con grande affetto.
Proponiamo il ricordo di Renato nelle parole di chi lo ha conosciuto e stimato.
Francesco Gervasio
Lunedì notte all’età di 75 anni è mancato all’affetto dei suoi cari e dei suoi moltissimi amici il caro Renato Didoni.
Nato a Buenos Aires da genitori italiani emigrati in Argentina per sfuggire al fascismo, giovane si appassionò al nostro gioco e presto cominciò a praticarlo nel locale circolo scacchistico frequentato all’epoca da giocatori del calibro di Najdorf, Panno, Rubinetti ed altri valenti GM.
Sposatosi con Sandra si trasferì a Milano dove cominciò a frequentare la Scacchistica Milanese verso gli anni 1966-67.
Giocatore eclettico, era particolarmente abile nel gioco veloce ma si mostrò anche capace di vincere alcuni importanti tornei a tempo lungo meritando così la categoria di candidato maestro. Alternò la partecipazione ai tornei con l’impegno della conduzione della sezione scacchi del dopolavoro della Montedison dove lavorava come chimico e si dedicò con passione all’insegnamento ad alcuni giovani che, grazie a lui, frequentavano il dopolavoro.
Fece poi parte della sezione scacchi del Cral del Comune di Milano, fu consigliere del Comitato Provinciale Milanese della Federazione diretto da Riccardo Magrini, revisore dei conti della Federazione con Brillo e infine Vice Presidente dell’Accademia Scacchi Milano.
Era sempre disposto a dedicare il suo tempo ad insegnare il gioco a chi voleva imparare, era sempre pronto a dare una mano laddove necessario, sia come arbitro che come istruttore che come organizzatore e anche negli anni di malattia non lesinava di dare una mano nel preparare la sala di torneo, nel trasportare tavoli e materiale. Un grande esempio per molti giovani.
Alcuni anni fa si ammalò e fu ricoverato al Policlinico per un intervento. Il giorno antecedente all’operazione un amico passò per salutarlo e grande fu lo stupore nel non trovarlo e di sentirsi dire dall’infermiera che aveva lasciato il letto per andare a giocare un torneo di scacchi in Accademia e che sarebbe rientrato a sera. Questo era Renato!
Nei rapporti con le persone era sempre affabile, ben disposto ad ascoltare e a condividere i pensieri dell’interlocutore. In altre parole, aveva sempre il cuore in mano.
Per la sua unicità, credo che Renato ci mancherà sempre.
Nicolò Weiss
Ho conosciuto Renato 40 anni fa. Allora ero neoassunto in Montedison, fresco di laurea e di servizio militare e, visto che il dopolavoro aveva una bella sede nello storico palazzo di via Manin, con un gruppettino di colleghi, tra i quali c’era anche Renato, avevamo costituito una sezione scacchi, di cui ero stato inizialmente il delegato. Ben presto però, dopo i primi tornei , era balzato in evidenza il talento di Renato, che con un gioco limpido e pieno di inventiva si era dimostrato il più forte, e che con il suo carattere simpatico e gioviale e con la sua parlata un po’ mista di italiano e spagnolo aveva subito conquistato la simpatia di tutti. Lo spagnolo: sì perché Renato era di origine italo-argentina.
Quando ho preso la responsabilità della sezione sci e alpinismo del dopolavoro, lasciando la sezione scacchi, non ci sono stati dubbi che il successore dovesse essere Renato. Le nostre strade si sono separate, salvo ritrovarci di lì a poco perché Renato aveva aderito ai nostri soggiorni invernali con corsi di sci a Molveno con la famiglia: la moglie Sandra dolce e gentile e due bellissimi bambini biondi, Rafael e Gabriel. Anche nei corsi roccia estivi ci siamo ritrovati con Renato e Sandra, ben determinati a provare l’ebbrezza delle arrampicate sulle vie ferrate e sulle pareti della Grignetta.
Poi le nostre strade si sono decisamente separate. Io ho lasciato la Montedison, mi sono impegnato con il lavoro ed ho dimenticato gli scacchi, mentre Renato ha percorso tutta la trafila, scalando le categorie fino a Candidato Maestro, conseguendo i brevetti di Istruttore e di Arbitro. Renato teneva corsi di scacchi e di spagnolo in vari ambiti, tra cui l’Umanitaria, l’Università della terza età, ed era ormai conosciuto e stimato come scacchista e come docente in tutti i circoli di Milano e dintorni.
Solo dopo che sono andato in pensione ho deciso di riprendere gli scacchi e ci siamo ritrovati, per caso, ad un torneo semilampo presso il Circolo Filologico, che organizzavano Renato ed un certo Gervasio…. Mi ha parlato di un nuovo circolo che stavano fondando, l’Accademia Scacchi Milano, e non ho avuto dubbi nel dare la mia adesione.
Poco dopo Renato ha subito un intervento chirurgico delicato; mi diceva che tutto quello che sarebbe seguito sarebbe stato “regalato” per la sua esistenza. Di interventi ne sono seguiti altri, ma nulla ha mai intaccato la sua giovialità e disponibilità per il prossimo. Ha continuato l’insegnamento, anche nelle sue forme forse meno gratificanti, alle persone anziane, che stimolava e incoraggiava in tutti i modi (è facile insegnare ai bambini che imparano subito e danno presto grandi soddisfazioni!).
“Una vita per gli scacchi” lo ammetteva lui stesso. Senza dubbi, senza esitazioni, con bonarietà e cordialità. E’ una di quelle personalità che qualificano un ambiente, che possono rendere un circolo unico e diverso da qualunque altro. Questi e mille altri ricordi resteranno per sempre nella nostra mente. Renato, sarai sempre con noi.
Ivano E. Pollini
Solamente Domenica 3 Luglio avevo giocato con lui una partita “commentata” – come faceva lui, con garbo – e ridevamo su tante sciocchezze della Vita.
Renato era appena tornato da Canazei e mi diceva di essere ben riposato e “pieno di forze”. Mi aveva anche raccontato della Cena Sociale e della bella serata passata in compagnia.
Io continuavo a sollecitarlo (anche a sgridarlo) di andare allo IEO a farsi visitare. Gli ho scritto più volte l’indirizzo su foglietti che poi perdeva regolarmente. Lui mi diceva di avere ancora 1-2 anni di vita ..io NON lo accettavo e gli spiegavo che un paio di colleghi con la stessa malattia si erano fatti operare e continuavano a vivere… ma lui mi pareva “scoraggiato”…
Mi ricordava che dovevamo riprendere la lettura delle “Last Lectures” di Capablanca, che gli avevo regalato e gli piacevano molto. Dovevamo riprendere in Settembre…
Chissa se continuerà a giocare a Scacchi anche nell’altro “mondo”? Credo di sì!
Perchè Renato aveva un’autentica passione e amore per gli Scacchi e sapeva vincere e perdere ogni partita in modo molto personale, unico e con grandi virtù – sportività, bonomia e simpatia -.
Un’unica volta sua moglie mi ha detto: “Sa, lui starebbe al circolo a giocare notte e giorno…”.
Il Circolo perderà in umanità senza lui.
“Ogni morte impoverisce l’Umanità. Perciò non mandare a chiedere per chi suona la campana..”
(Devotions upon Emergent Occasions, Meditation XVII, 1623, John Donne).
Mauro Torelli
Arrivai al dopolavoro Montedison una sera di tanti anni fa, accompagnato da mio padre, dipendente di una ditta consociata. Forse era luglio, come ora: mi pare ci fosse solo Renato, che mise l’orologio su 5 minuti e mi invitò a fare una partita, con me che protestavo “non so giocare così in fretta…”. In effetti non ho mai imparato.
Cominciai a frequentare il circolo, ad apprezzare le capacità organizzative di Renato, e soprattutto le sue qualità umane: la disponibilità, il buonumore, la capacità di motivare e incoraggiare giovani e meno giovani, abili e polli…
Voglio solo raccontarvi un episodio recente che illustra il suo ottimismo. Per anni ci siamo incontrati, dopo la dismissione del dopolavoro di via Manin, a casa dell’avvocato Gianni Serafini, anch’egli poi nostro socio. Da Gianni il venerdì sera si organizzavano tornei e partite amichevoli. Gianni cadde malato pochi mesi fa e Renato mi propose di andarlo a trovare in ospedale. Ci demmo appuntamento a Porta Romana e poi lui disse: “adesso chiediamo al bar dov’è l’ospedale qui vicino”. Ero esterrefatto: “non sai in che ospedale è?!”. Mi rispose “non sono stato attento, ma mi sono annotato il numero del letto”. Beh, dopo un paio di bar avemmo l’indicazione giusta e lo trovammo. Anche a scacchi Renato era ottimista, capace di sacrificare la donna per un paio di pezzi leggeri… e vincere!
Gianni morì pochi giorni dopo. Immagino che ora stiano giocando grandi partite.
Per una volta, al funerale non ho pianto. Forse mi ha lasciato anche un po’ del suo ottimismo.
Grazie, Renato.
Paolo Gussoni
Ho conosciuto Renato nel 2006 e grazie a lui ho iniziato a giocare a scacchi. Teneva un corso nel circolo vicino a casa mia e dopo aver concluso la lezione facevamo qualche partita. Giocare con Renato è sempre stato bello, ma all’inizio era addirittura magico. Lasciava che lo attaccassi e a me sembrava di potergli dare un rapido matto ma lui con poche mosse, come al solito giocate istantaneamente, mi dimostrava che non avevo capito assolutamente nulla e mi disintegrava.
Mi hanno sempre colpito la bontà d’animo di Renato, la sua inesauribile disponibilità e il suo perenne ottimismo. Non l’ho mai sentito parlare male di nessuno, non l’ho mai visto arrabbiato, raramente alzava la voce e non l’ho mai sentito lamentarsi della sua malattia. Pur essendo un giocatore estremamente brillante non negava mai una partita neanche ai più scarsi NC del circolo, me compreso. Non l’ho mai visto giocare con sufficienza o con lo scopo di irridere l’avversario e quando perdeva non si trincerava mai dietro banali scuse tanto care a molti scacchisti.
Ricordo che mentre era ricoverato per sottoporsi ad una operazione chirurgica mi era venuto in mente che potesse fargli piacere giocare a scacchi. In effetti non mi ero sbagliato, la sera prima dell’intervento – tutt’altro che banale – sono andato a trovarlo portandomi dietro una scacchiera e lui è stato ben felice di fare qualche partita, sereno e tranquillo esattamente come se si trovasse a casa sua.
Sei stato un grandissimo maestro di vita e mi mancherai moltissimo. Grazie di tutto Renato.
Marco Cino
Renato ha un grandissimo significato per me, perché è il simbolo indelebile del mio ritorno agli scacchi dopo che, adolescente di buone speranze, ero stato travolto dagli impegni ed avevo finito per trascurare il nobil giuoco.
Sì, perché una fredda sera d’inverno di una dozzina di anni fa, fui invitato da Alberto Viotti – all’epoca coordinatore del Cral Mondadori – a casa dell’Avv. Serafini, dove una volta la settimana un gruppo di amici scacchisti si ritrovava per qualche partita amichevole, un paio di biscotti e un sottofondo di brani di Carosone e Gaber.
Bene, la mia partita quella sera fu con Renato che, fedele al suo spirito romantico, si lanciò in un’apertura approssimativa (come spesso gli capitava) per poi dare libero sfogo alla sua brillantezza e farmi sudare sette camicie… Il risultato non è importante; ciò che conta è che in me si è riaccesa la scintilla e da allora non ho più smesso di giocare e di interessami di scacchi e sono certo che continuerò a farlo finché – come ha recentemente dichiarato Korchnoi – le forze mi consentiranno di farlo.
Renato, il tuo spirito leggero sarà sempre con noi.
Alberto Viotti
Ho conosciuto Renato verso la metà degli anni Settanta: cercavo un circolo dove giocare, e il mio amico Mauro Torelli mi ha indicato il Dopolavoro della Montedison, in via Manin.
Il primo incontro con Renato, scacchisticamente parlando, è stato un trauma: in una partitina lampo, che mi aveva proposto per saggiarmi, dopo poche mosse la mia Donna, che stava andando a caccia di pedoni, si è trovata infilata dalla Torre, avendo il Re alle spalle. Ho subito capito che il lavoro che dovevo fare nel campo degli scacchi sarebbe stato lungo e faticoso.
Da un punto di vista umano invece l’accoglienza che ho ricevuto nel circolo è stata ottima. La capacità di Renato di coinvolgere le persone, la sua simpatia e disponibilità, il suo carattere allegro e ottimista, e l’entusiasmo con cui organizzava tornei e incontri mi hanno lasciato un ricordo indelebile di quel periodo.
Purtroppo poi mi sono trasferito fuori Milano, e contemporaneamente il dopolavoro è stato spostato in periferia, per cui non mi era più possibile frequentarlo.
Una decina di anni dopo, casualmente, ho incontrato di nuovo Mauro che mi ha invitato a partecipare agli incontri che avvenivano il venerdì sera a casa dell’avvocato Gianni Serafini, dove giocava anche Renato (accompagnato in sottofondo dalle musiche di tango, che rendevano il suo gioco particolarmente brillante e spericolato).
In quel periodo in Mondadori, dove lavoravo, è stato fondato il CRAL. Subito abbiamo pensato di creare una sezione scacchi, alla cui organizzazione Renato ha dato un contributo fondamentale. Come sua abitudine si è profuso senza risparmiare energie; anche se per lui non era agevole, veniva di frequente nella nostra sede di Segrate per tenere lezioni, giocare con i partecipanti e in generale far crescere il senso del gioco in tutti noi. Anche in Mondadori, come del resto in tutti gli ambienti da lui frequentati, il suo magnifico carattere e la sua aperta disponibilità hanno lasciato un grande e affettuoso ricordo. La notizia della sua scomparsa ha sinceramente addolorato tutti quelli che l’avevano conosciuto.
Spinti dall’entusiasmo di Renato abbiamo formato una squadra per partecipare al Campionato Italiano a Squadre, nella quale giocavano – oltre a Renato in prima scacchiera – Mauro Torelli, Salvatore Aloisio, Marco Cino, attuali soci dell’Accademia. Oltre a loro mi piace ricordare Luca Mauri, purtroppo recentemente scomparso, che era legato a Renato da sincera amicizia.
La squadra del Cral al suo esordio ha conquistato la serie C, e l’anno successivo la B. Merito di tutti, ma certamente soprattutto della capacità di aggregare e di motivare tipiche di Renato.
Alcuni anni dopo è stata fondata l’Accademia Scacchi Milano, e Renato ne è diventato Vicepresidente. Contemporaneamente alcune defezioni (dimissioni e pensionamenti) nelle nostre file hanno consigliato lo scioglimento della sezione scacchi del CRAL, che è confluito nell’Accademia.
Il resto è storia di oggi. Altri ne hanno parlato, meglio di me. Per concludere vorrei solo ricordare lo stupore che ci confidavamo, io con Luca Mauri (il più bravo scacchista tra i frequentatori del CRAL) quando Renato, dopo qualche sacrificio un po’ azzardato, era costretto a difendersi in inferiorità di materiale: “Ma come fa a resistere? Se ci trovassimo noi nella sua posizione, ci distruggerebbero in poche mosse: lui, con una piccola mossettina, riesce a tenere tutto! Ma come fa?”. E spesso, molto spesso, finiva ancora per vincere lui.